mercoledì 11 dicembre 2013

Il blog cambia casa. Evviva la casa nuova.

Quando ho aperto il blog, la piattaforma era praticamente senza diritto di replica, per tutte quelle cosine che avrei dovuto imparare durante il mio percorso.
In effetti Blogger è molto intuitiva e semplice per i primi passi.

Ma il mio amore va a Wordpress da sempre.

Quindi da oggi il blog cambia casa. O almeno pianerottolo.

Perché nel nuovo pianerottolo è tutto dannatamente figo e semplice che in pochi minuti ho creato il blog esattamente come lo desideravo: i colori, i buttons dei social networks, la mia libreria su Goodreads.

Perché ho già scritto su On Foodwriting che il blog è come un biglietto da visita, è il vestito adatto per il lavoro dei tuoi sogni. E il mio è fatto di toni delicati e discreti, di un linguaggio pulito e di una libreria sempre aperta al nuovo.

Il contenuto della casa però non cambia.

Diciamo che ho cambiato pianerottolo, ho ridipinto e aggiunto qualcosina di nuovo ma ho portato lo stesso divano comodo su cui leggere, la stessa cucina caotica e con qualche macchiettina sfuggita dopo l'ennesima teglia di biscotti, i medesimi album di viaggio.

Quindi aggiorna il tuo blogroll e modifica l'indirizzo con questo nuovo.

 
 
 
 
 

sabato 7 dicembre 2013

Biscotti di Natale


Questi sono i miei perditempo preferiti. Perché fare i biscotti è una cosa da bambini o da gente che non ha nulla da fare e può godersi la vita nelle sue sfumature burrose.
E' bello impastare la frolla e decidere solo in fase di preparazione il da farsi.
Optare per 30 biscotti, 10 tartellette o una sola grande crostata ripiena di ogni golosità.
Certo, acquistarli pronti è più semplice ma la strada verso la perdizione è decisamente più intrigante. E io l'ho scoperta tardi.
Ho infornato la mia prima teglia di frollini non molto tempo fa e per raggiungere la ricetta perfetta ho fatto ben più di un esperimento.
Poi la fantasia ha fatto il resto e la voglia di sperimentare altri mix di spezie o forme differenti è sempre in agguato.
Perché quando la casa profuma di infanzia, quando ho il pensiero confortevole di potermi concedere un'ora di relax con un buon libro, un thè fumante e dei biscotti appena fatti, quando riesco a vedere nelle persone a me vicine lo stupore che provano quando mordono il primo frollino home-made, la giornata cambia completamente volto. E l'inverno non è più così lungo.

Biscotti di Natale al cioccolato, cannella e noce moscata.

Ingredienti:
250 gr di farina 00
100 gr di zucchero
1 cucchiaio di cioccolato amaro in polvere
1 cucchiaio di cannella
1 cucchiaino di noce moscata
1 cucchiaino di lievito vanigliato
un pizzico di sale
150 gr di burro freddo di frigo
1 uovo intero e 1 tuorlo

sfere argentate per decorare


In un recipiente unisci la farina, lo zucchero, il pizzico di sale, il lievito e le spezie. Con una forchetta amalgama bene gli ingredienti secchi in modo da uniformarli.
Taglia a cubetti il burro e poi, con due coltelli, inizia ad amalgamarli alla farina utilizzando i coltelli come forbici, a incrocio, e crea un composto sbricioloso.
Unisci l'uovo intero e il tuorlo e impasta, inizialmente con una forchetta, sostituendola quasi subito con le mani. Lavora gli ingredienti fino a formare una palla morbida ed elastica e nella ciotola non ci siano residui farinosi.
Avvolgi la frolla in un pezzo di carta forno e mettila in frigorifero 30 minuti.
Passato il tempo, accendi il forno a 180 gradi e fallo arrivare in temperatura, lascia la frolla qualche minuto sul tagliere poi cospargila di farina e inizia a stenderla. Con l'aiuto di un tagliabiscotti crea i tuoi frollini con uno spessore di circa 1/2 centimetro.
Se lo desideri, decora con delle sfere argentate i tuoi biscotti e inforna su una teglia ricoperta da carta forno per 10 minuti.
Togli la teglia dal forno e lascia raffreddare bene i biscotti su una griglia.






venerdì 6 dicembre 2013

Dicembre non esiste. Esiste il mese di Natale.

Siamo sinceri. I mesi come ce li hanno sempre raccontati sono sbagliati. Perché dopo Novembre non c'è Dicembre, c'è Natale. Questo che è iniziato da pochi giorni è il mese di Natale. E si è presentato nel migliore dei modi, almeno per me.
Una bella nevicata che ha reso tutto soffice e silenzioso ma che subito ha lasciato il posto a un sole che rende le temperature polari più sopportabili.
Tutto questo insieme di cose mi ha fatto entrare nel giusto mood dicembrino.
E sono felice, carica di sentimenti buoni, idee golose e desiderosa di iniziare fin da ora a rendere la mia casa il nido per gli ospiti che si avvicenderanno durante le feste.
Perché ogni anno arrivo al 23 dicembre a cottimo, sia per i regali che per gli addobbi. Quest'anno invece ho sfruttato l'Artigiano in Fiera e ho iniziato la saga del regalo di Natale, sto già pianificando l'apertura dell'albero natalizio, la cernita delle palline in possesso e la gita per l'acquisto delle nuove (in ghisa a prova di gatto), l'acquisto di plaid e coperte morbide e coccolose, la selezione dei libri per le vacanze, il planning per il kit da montagna che nel mio armadio è pressoché inesistente e che ha l'imperativo categorico di dovermi tener caldo come se dovessi andare in Lapponia invece che in SudTirol.
Ma più di tutto ciò sopracitato, Natale è il mese dei biscotti: al cioccolato e peperoncino, alla cannella, allo zenzero e chiodi di garofano, a forma di albero, ghirlanda, omino focaccina, cane, gatto e mammut.
Poco importa.
Il must have è accendere il forno, mettere su una musica che pulisce la mente da tutto e la rende vergine contenitore di pensieri nuovi e vellutati, pesare gli ingredienti, aggiungere il burro e iniziare a impastare come un piccolo rito sacro.
E lasciare che le mani affondino nella frolla, permettere al profumo di cannella di arrivare dritto al cuore e poi lasciarlo correre per tutta la casa.
Attendere che la pasta riposi e il forno arrivi in temperatura, dolcemente accoccolata sul divano con un gatto sornione (se sono fortunata anche due).
E poi infornare sorridente come una perfetta padrona di casa anni 50, con il grembiulino e il maglione a collo alto.
E sfornare.
E infornare di nuovo.
E poi, finalmente, mangiare il frutto di un pomeriggio rilassante come una giornata alle terme.
Oggi la mia casa profuma di cioccolato e peperoncino. E ricordi, soprattutto.

venerdì 29 novembre 2013

Realizzare i propri sogni. Partiamo dalle basi.

Post super velocissimo solo per segnalare l'articolo che ho scritto su come iniziare un blog. Non parlo di scegliere tra Blogger e Wordpress.
Parlo del prima, quando le parole devono uscire dal nostro cervello, canalizzarsi e diventare realtà su carta.
Parlo di quando i mille pensieri di nomi e immagini devono essere selezionati e diventare segni neri sul bianco. Perchè una selezione va fatta.
Parlo di quando pensi che puoi iniziare anche tu.
E dal divano dici "Apro il mio blog".
Perché, ammettiamolo, è una figata.
E non solo perché ormai Internet ne è pieno e tanti blogger sostituiscono gli opinionisti in tv.
Parlo di quella sensazione pura e bella che è trovarsi da solo con i propri pensieri davanti alla tastiera, alle 01.15, e lasciare che le mani e la mente non abbiano tramite se non il cuore.
E nel silenzio scrivere.
Del tuo luogo dell'anima.
Del tuo cibo tramite della memoria.
Di te.
Di ciò che ami.
E se, un giorno, si palesasse la possibilità di renderlo un lavoro a tempo pieno, meglio.
Se no, sarà bello leggere i commenti di chi ti apprezza anche nell'anonimato.
I blog sono nati come diari personali.
E, personalmente, io amo viverli così, come contenitori di sogni e persone senza volto.




giovedì 21 novembre 2013

Apparecchiare la tavola correttamente. Questione di stile?

Quando la mise en place è un'opinione.
Questa è la vetrina di un negozio che mi è apparsa davanti agli occhi di recente. Non è la prima volta che mi imbatto in tavole male apparecchiate e, come mi è stato detto, probabilmente sono l'unica ad accorgersene.
Spero vivamente di no!
Non tanto per quella che è una passione più o meno condivisibile ma perché si sta parlando di un'apparecchiatura basilare, una di quelle che dovrebbe apparire ad ogni pasto sulle nostre tavole. 
Piatto piano, piatto fondo, forchetta, coltello e bicchieri. Punto. Semplice. E invece ci si riesce a confondere ancora. 
Che sia pressapochismo?
Di certo, la conoscenza di regole base di mise en place dovrebbe essere imprescindibile quando si gestisce un negozio di arredamento. Mi è capitato infatti di sistemare personalmente (perchè giuro mi urtano un sacco) le posate da Zara Home e di sgranare gli occhi davanti a un negozio di argenteria e articoli per la casa di Bologna che proponeva una tavola da sogno -o da incubo?- con tanto di salsiera, piattino per il pane e burriera in argento ma con tutta la posateria sbagliata. 
Rimango sempre basita perché, a mio avviso, apparecchiare una tavola è come vestirsi, scegliendo l'abito migliore per l'occasione, abbinandolo agli accessori e al trucco. Non credo ci farebbe piacere optare per una collana pacchiana o abbinare colori che sono un pugno in un occhio. Tanto meno metteremmo le calze sopra le scarpe. Per l'apparecchiatura di una tavola le regole sono esattamente le stesse: semplicità, ordine e pochi passi da seguire. 
E' un piacere personale ma appaga certamente l'occhio di chi si siede a tavola. E' un gesto d'amore come la preparazione del pasto stesso. E poi, rimanendo sul piano pratico, è la tavolozza che accoglierà le nostre creazioni e deve essere adeguata. Conoscendo poi i vincoli, potremo liberarcene sapendo quali paletti evitare in nome della creatività.
Affronteremo quindi una mise en place da tutti i giorni, con gli elementi base e tralasceremo quella dedicata alla colazione o a una cena formale (almeno in questa "lezione")

Schema base di mise en place.
Ecco lo schema di una mise en place formale che possiamo alleggerire ulteriormente per le nostre occasioni quotidiane. Le tavole nei secoli si sono semplificate e concedono oggigiorno molta più libertà. 
Innanzitutto bisogna delineare il posto dedicato ad ogni ospite
Se si opta per una tovaglia saranno i piatti stessi a delimitare la seduta. Altrimenti perfette sono le tovagliette americane o i runner, rimedio moderno infallibile per una tavola leggera ma curata. In ogni caso io amo mettere subito il piatto piano e quello fondo in modo da avere un placè delineato. 
Il tovagliolo va alla sinistra del piatto. Nel caso in cui il posto tra un commensale e l'altro fosse limitato, potremo appoggiarlo sul piatto (potrà fare anche da base a un segnaposto personalizzato).
A sinistra, tra il tovagliolo e il piatto prende posto la forchetta. Potete apparecchiare con due forchette oppure una sola e cambiarla ad ogni portata (ormai la lavastoviglie è una fedele alleata nell'eleganza dei piccoli dettagli). 
Alla destra del piatto, troviamo il coltello (con la lama rivolta verso il piatto) e, se serve, il cucchiaio.
All'altezza del coltello, i bicchieri. Quello dell'acqua e quello del vino sono più che sufficienti sulla tavola di tutti i giorni. Sopra il coltello troverà posto il bicchiere dell'acqua e alla sua destra quello del vino.
Eviterei le posate da dolce. Ho l'abitudine di portarle nel momento stesso in cui servo il dessert o la frutta ma se desiderate averle già a disposizione, dovrete metterle sopra il piatto.
Il pane avrà la sua location nel cestino apposito, liberandovi del piattino dedicato.
Per farla facile, basta pensare a quale mano si utilizza per prendere la posata che serve. E tutto avrà il suo posto nella mise en place. L'ospite partirà sempre dall'esterno (anche perchè sarebbe scomodo partire dalla posata vicino al piatto) nella scelta della posata giusta e poserà il tovagliolo solo alla fine del pasto, lasciandolo "spiegato" sulla sinistra.
Semplice no? Per tutto il resto vi rimando a Pretty Woman e alle lezioni meravigliose di Richard Gere!! Anche sulla pinza per le stronze lumachine. 







martedì 12 novembre 2013

È nato On (food)writing! Si, ma con calma

Ieri ero in vena creativa e ugualmente pensavo alle parole di Claudio su quello che è il mio lavoro finale per il corso di foodwriting che sto frequentando.

" Parla di quello che vuoi." mi dice.

Nell'ultimo incontro quindi l'ho reso partecipe del fatto che vorrei focalizzarmi sul foodwriting stesso, quindi la scrittura creativa legata al mondo del food.

E così ho aperto il blog che mi farà da base per questo mio lavoro finale.

Ho pensato di sviluppare il progetto on-line (tanto da qualche parte lo devo pur scrivere) e intanto che io riordino le idee, magari qualche aspirante blogger ne trae giovamento.

Quindi apro WordPress, impagino, scelgo il template, creo la foto e lo stile. Apro le pagine Social di riferimento e felice vado a nanna.

Stamattina mi sveglio con un monito da una persona che ritengo valida e i cui consigli sono come l'olio al tartufo sulla costata. Lei è brava davvero e di esperienza ne ha da vendere.

Quindi dopo avermi "cazziata" per le "è" maiuscole con l'apostrofo (ma è davvero grave come un congiuntivo sbagliato?!?!?!) mi ha detto di fare attenzione perché è una scelta piuttosto rischiosa quella di insegnare qualcosa che si sta ancora imparando e si rischia di bruciarsi prima del tempo.

Ho sorriso, l'ho ringraziata mentalmente e poi ho riflettuto un sacco su quelle parole.
Soprattutto sull'ultima: insegnare.

Sono giunta alla conclusione che non voglio insegnare niente a nessuno in realtà. Che dietro alla cattedra non ho mai desiderato sedermi; nemmeno alla fine del mio percorso in lingue ho mai sognato di diventare professoressa di inglese o spagnolo.

Più che altro sono quella che ti passa i suggerimenti durante il compito in classe e ti fa prendere sette e mezzo invece di sei, sono quella con cui ripetere la lezione, che ti dice che Napoleone è un gran paraculo nel momento in cui devi ricordarti che dopo la Campagna d'Egitto ha fatto la bella e non ha detto niente a nessuno, tornando in Francia con le orecchie basse. Insomma sono quella che studia ma lo fa per divertirsi in primis. Quella che la sindrome della maestrina dalla penna rossa ce l'ha come no. Sono quella nel mezzo.

E così sarà il mio blog.

Se desiderate un approccio accademico, via! via!, non è il posto per voi. Non ho mai amato i classici e ho sempre preferito gli scrittori americani a quelli inglesi (l'aria da ubriacone bastardo di Hemingway vinceva su tutto.)

Se desiderate iniziare un viaggio con me e farlo attraverso parole e concetti nuovi, con leggerezza, spensieratezza e modi non sempre convenzionali, allora forse una letta dategliela.
Non voglio insegnare a nessuno, sapevatelo.
Voglio condividere e crescere grazie anche a chi vorrà leggermi.
Troverete tante informazioni a modo mio (vorrei raccontare di Google Analytics senza sembrare Sheldon di "The Big Bang Theory"), qualche cazzata -si, dalle mie parti si può dire-  e, mi auguro, la spinta per aprire un blog tutto vostro.

Questo faccio, questo sono, questo spero vi piaccia alla fine.

Su questo blog troverete tutto il resto. Ricette, racconti, FoodNews.

Ma ciò che vi avevo raccontato in questo post, da oggi, lo trovate su On (food)writing





giovedì 7 novembre 2013

Quiche con spinaci Gruyère e pomodori secchi.

Quiche con spinaci, pomodori secchi e Gruyère svizzero
Poi però basta giocare con il cibo. E ve l'ho pure detto che sono intollerante! 
Il fatto è che quando penso alla Quiche, di riscontro mi viene in mente il Gruyère. E' quasi banale. E' l'abbinamente perfetto come lo sono le ballerine e una gonna a tulipano o il divano e il gatto. 
Non hai alternative. Così, mi sono immaginata la carta paglia a piatto di una bella fetta tiepida di torta salata ed è nata la ricetta. Niente strada ma la compagnia di "gente da strada" questa volta.
Stasera infatti, le vittime di questa torta sacrificale saranno due individui che più da strada non si può.
Lei mezza bulgara e mezza d'ovunque, globetrotter, guida turistica, donna di cultura ma randagia nel midollo.
Lui siciliano trapiantato in Lombardia (anche io mi domando perchè!!!), musicista dentro, di quelli belli e non di quelli che han venduto l'anima al successo, anima grande e testa peggio.
Insomma, gente di strada, che la strada la macina, la vive, la respira e ne diventa parte, che la strada ce l'ha dentro come la curiosità di sapere, scoprire e non averne mai abbastanza.
Sono proprio quei tipi che vedi ovunque con un cartoccio in mano pronti a scoprire un angolo nascosto a Firenze e poi subito a Parigi, ma passando prima da Londra.
La strada.
Sia cibo, sia indole, sia istinto.
Non vi abbandoni mai e vi tenga sempre vivi.
Lunga vita ai randagi, ai sognatori e ai vagabondi (e a quelli col saccoccio in mano!!)

QUICHE CON SPINACI, POMODORI SECCHI E GRUYERE SVIZZERO.

Ingredienti per una torta salata.

1 confezione di pasta sfoglia
circa 200 gr di spinaci (surgelati o freschi)
100 gr di pomodori secchi
150 gr di gruviera grattugiato
400 gr di ricotta di capra

Prima di tutto lessa gli spinaci in acqua salata e scolali bene in modo che perdano più acqua possibile.
Preriscalda il forno a 180 gradi.
Nel frattempo prepara l'appareil: in una ciotola unisci la ricotta di capra, i pomodori secchi tagliati a listarelle, un po' del loro olio e il gruviera grattugiato a julienne. Mescola bene e rendi il composto omogeneo.
Aggiungi gli spinaci.
Stendi la sfoglia con la sua carta forno in una tortiera a cerchio apribile, bucherella bene il fondo e riempi con l'appareil.
Quando il forno è arrivato alla giusta temperatura, cuoci la torta per 30 minuti.
Toglila dal forno e lasciala raffreddare per 15 minuti circa. Solo in quel momento togli la quiche dalla tortiera (eviterai che si rompa perchè ancora calda) e appoggiala su una grata da raffreddamento. Servi tiepida.

Ecco la mia seconda ricetta per il Concorso SWISS CHEESE PARADE sui Formaggi dalla Svizzera in collaborazione con Peperoni e Patate