venerdì 29 novembre 2013

Realizzare i propri sogni. Partiamo dalle basi.

Post super velocissimo solo per segnalare l'articolo che ho scritto su come iniziare un blog. Non parlo di scegliere tra Blogger e Wordpress.
Parlo del prima, quando le parole devono uscire dal nostro cervello, canalizzarsi e diventare realtà su carta.
Parlo di quando i mille pensieri di nomi e immagini devono essere selezionati e diventare segni neri sul bianco. Perchè una selezione va fatta.
Parlo di quando pensi che puoi iniziare anche tu.
E dal divano dici "Apro il mio blog".
Perché, ammettiamolo, è una figata.
E non solo perché ormai Internet ne è pieno e tanti blogger sostituiscono gli opinionisti in tv.
Parlo di quella sensazione pura e bella che è trovarsi da solo con i propri pensieri davanti alla tastiera, alle 01.15, e lasciare che le mani e la mente non abbiano tramite se non il cuore.
E nel silenzio scrivere.
Del tuo luogo dell'anima.
Del tuo cibo tramite della memoria.
Di te.
Di ciò che ami.
E se, un giorno, si palesasse la possibilità di renderlo un lavoro a tempo pieno, meglio.
Se no, sarà bello leggere i commenti di chi ti apprezza anche nell'anonimato.
I blog sono nati come diari personali.
E, personalmente, io amo viverli così, come contenitori di sogni e persone senza volto.




giovedì 21 novembre 2013

Apparecchiare la tavola correttamente. Questione di stile?

Quando la mise en place è un'opinione.
Questa è la vetrina di un negozio che mi è apparsa davanti agli occhi di recente. Non è la prima volta che mi imbatto in tavole male apparecchiate e, come mi è stato detto, probabilmente sono l'unica ad accorgersene.
Spero vivamente di no!
Non tanto per quella che è una passione più o meno condivisibile ma perché si sta parlando di un'apparecchiatura basilare, una di quelle che dovrebbe apparire ad ogni pasto sulle nostre tavole. 
Piatto piano, piatto fondo, forchetta, coltello e bicchieri. Punto. Semplice. E invece ci si riesce a confondere ancora. 
Che sia pressapochismo?
Di certo, la conoscenza di regole base di mise en place dovrebbe essere imprescindibile quando si gestisce un negozio di arredamento. Mi è capitato infatti di sistemare personalmente (perchè giuro mi urtano un sacco) le posate da Zara Home e di sgranare gli occhi davanti a un negozio di argenteria e articoli per la casa di Bologna che proponeva una tavola da sogno -o da incubo?- con tanto di salsiera, piattino per il pane e burriera in argento ma con tutta la posateria sbagliata. 
Rimango sempre basita perché, a mio avviso, apparecchiare una tavola è come vestirsi, scegliendo l'abito migliore per l'occasione, abbinandolo agli accessori e al trucco. Non credo ci farebbe piacere optare per una collana pacchiana o abbinare colori che sono un pugno in un occhio. Tanto meno metteremmo le calze sopra le scarpe. Per l'apparecchiatura di una tavola le regole sono esattamente le stesse: semplicità, ordine e pochi passi da seguire. 
E' un piacere personale ma appaga certamente l'occhio di chi si siede a tavola. E' un gesto d'amore come la preparazione del pasto stesso. E poi, rimanendo sul piano pratico, è la tavolozza che accoglierà le nostre creazioni e deve essere adeguata. Conoscendo poi i vincoli, potremo liberarcene sapendo quali paletti evitare in nome della creatività.
Affronteremo quindi una mise en place da tutti i giorni, con gli elementi base e tralasceremo quella dedicata alla colazione o a una cena formale (almeno in questa "lezione")

Schema base di mise en place.
Ecco lo schema di una mise en place formale che possiamo alleggerire ulteriormente per le nostre occasioni quotidiane. Le tavole nei secoli si sono semplificate e concedono oggigiorno molta più libertà. 
Innanzitutto bisogna delineare il posto dedicato ad ogni ospite
Se si opta per una tovaglia saranno i piatti stessi a delimitare la seduta. Altrimenti perfette sono le tovagliette americane o i runner, rimedio moderno infallibile per una tavola leggera ma curata. In ogni caso io amo mettere subito il piatto piano e quello fondo in modo da avere un placè delineato. 
Il tovagliolo va alla sinistra del piatto. Nel caso in cui il posto tra un commensale e l'altro fosse limitato, potremo appoggiarlo sul piatto (potrà fare anche da base a un segnaposto personalizzato).
A sinistra, tra il tovagliolo e il piatto prende posto la forchetta. Potete apparecchiare con due forchette oppure una sola e cambiarla ad ogni portata (ormai la lavastoviglie è una fedele alleata nell'eleganza dei piccoli dettagli). 
Alla destra del piatto, troviamo il coltello (con la lama rivolta verso il piatto) e, se serve, il cucchiaio.
All'altezza del coltello, i bicchieri. Quello dell'acqua e quello del vino sono più che sufficienti sulla tavola di tutti i giorni. Sopra il coltello troverà posto il bicchiere dell'acqua e alla sua destra quello del vino.
Eviterei le posate da dolce. Ho l'abitudine di portarle nel momento stesso in cui servo il dessert o la frutta ma se desiderate averle già a disposizione, dovrete metterle sopra il piatto.
Il pane avrà la sua location nel cestino apposito, liberandovi del piattino dedicato.
Per farla facile, basta pensare a quale mano si utilizza per prendere la posata che serve. E tutto avrà il suo posto nella mise en place. L'ospite partirà sempre dall'esterno (anche perchè sarebbe scomodo partire dalla posata vicino al piatto) nella scelta della posata giusta e poserà il tovagliolo solo alla fine del pasto, lasciandolo "spiegato" sulla sinistra.
Semplice no? Per tutto il resto vi rimando a Pretty Woman e alle lezioni meravigliose di Richard Gere!! Anche sulla pinza per le stronze lumachine. 







martedì 12 novembre 2013

È nato On (food)writing! Si, ma con calma

Ieri ero in vena creativa e ugualmente pensavo alle parole di Claudio su quello che è il mio lavoro finale per il corso di foodwriting che sto frequentando.

" Parla di quello che vuoi." mi dice.

Nell'ultimo incontro quindi l'ho reso partecipe del fatto che vorrei focalizzarmi sul foodwriting stesso, quindi la scrittura creativa legata al mondo del food.

E così ho aperto il blog che mi farà da base per questo mio lavoro finale.

Ho pensato di sviluppare il progetto on-line (tanto da qualche parte lo devo pur scrivere) e intanto che io riordino le idee, magari qualche aspirante blogger ne trae giovamento.

Quindi apro WordPress, impagino, scelgo il template, creo la foto e lo stile. Apro le pagine Social di riferimento e felice vado a nanna.

Stamattina mi sveglio con un monito da una persona che ritengo valida e i cui consigli sono come l'olio al tartufo sulla costata. Lei è brava davvero e di esperienza ne ha da vendere.

Quindi dopo avermi "cazziata" per le "è" maiuscole con l'apostrofo (ma è davvero grave come un congiuntivo sbagliato?!?!?!) mi ha detto di fare attenzione perché è una scelta piuttosto rischiosa quella di insegnare qualcosa che si sta ancora imparando e si rischia di bruciarsi prima del tempo.

Ho sorriso, l'ho ringraziata mentalmente e poi ho riflettuto un sacco su quelle parole.
Soprattutto sull'ultima: insegnare.

Sono giunta alla conclusione che non voglio insegnare niente a nessuno in realtà. Che dietro alla cattedra non ho mai desiderato sedermi; nemmeno alla fine del mio percorso in lingue ho mai sognato di diventare professoressa di inglese o spagnolo.

Più che altro sono quella che ti passa i suggerimenti durante il compito in classe e ti fa prendere sette e mezzo invece di sei, sono quella con cui ripetere la lezione, che ti dice che Napoleone è un gran paraculo nel momento in cui devi ricordarti che dopo la Campagna d'Egitto ha fatto la bella e non ha detto niente a nessuno, tornando in Francia con le orecchie basse. Insomma sono quella che studia ma lo fa per divertirsi in primis. Quella che la sindrome della maestrina dalla penna rossa ce l'ha come no. Sono quella nel mezzo.

E così sarà il mio blog.

Se desiderate un approccio accademico, via! via!, non è il posto per voi. Non ho mai amato i classici e ho sempre preferito gli scrittori americani a quelli inglesi (l'aria da ubriacone bastardo di Hemingway vinceva su tutto.)

Se desiderate iniziare un viaggio con me e farlo attraverso parole e concetti nuovi, con leggerezza, spensieratezza e modi non sempre convenzionali, allora forse una letta dategliela.
Non voglio insegnare a nessuno, sapevatelo.
Voglio condividere e crescere grazie anche a chi vorrà leggermi.
Troverete tante informazioni a modo mio (vorrei raccontare di Google Analytics senza sembrare Sheldon di "The Big Bang Theory"), qualche cazzata -si, dalle mie parti si può dire-  e, mi auguro, la spinta per aprire un blog tutto vostro.

Questo faccio, questo sono, questo spero vi piaccia alla fine.

Su questo blog troverete tutto il resto. Ricette, racconti, FoodNews.

Ma ciò che vi avevo raccontato in questo post, da oggi, lo trovate su On (food)writing





giovedì 7 novembre 2013

Quiche con spinaci Gruyère e pomodori secchi.

Quiche con spinaci, pomodori secchi e Gruyère svizzero
Poi però basta giocare con il cibo. E ve l'ho pure detto che sono intollerante! 
Il fatto è che quando penso alla Quiche, di riscontro mi viene in mente il Gruyère. E' quasi banale. E' l'abbinamente perfetto come lo sono le ballerine e una gonna a tulipano o il divano e il gatto. 
Non hai alternative. Così, mi sono immaginata la carta paglia a piatto di una bella fetta tiepida di torta salata ed è nata la ricetta. Niente strada ma la compagnia di "gente da strada" questa volta.
Stasera infatti, le vittime di questa torta sacrificale saranno due individui che più da strada non si può.
Lei mezza bulgara e mezza d'ovunque, globetrotter, guida turistica, donna di cultura ma randagia nel midollo.
Lui siciliano trapiantato in Lombardia (anche io mi domando perchè!!!), musicista dentro, di quelli belli e non di quelli che han venduto l'anima al successo, anima grande e testa peggio.
Insomma, gente di strada, che la strada la macina, la vive, la respira e ne diventa parte, che la strada ce l'ha dentro come la curiosità di sapere, scoprire e non averne mai abbastanza.
Sono proprio quei tipi che vedi ovunque con un cartoccio in mano pronti a scoprire un angolo nascosto a Firenze e poi subito a Parigi, ma passando prima da Londra.
La strada.
Sia cibo, sia indole, sia istinto.
Non vi abbandoni mai e vi tenga sempre vivi.
Lunga vita ai randagi, ai sognatori e ai vagabondi (e a quelli col saccoccio in mano!!)

QUICHE CON SPINACI, POMODORI SECCHI E GRUYERE SVIZZERO.

Ingredienti per una torta salata.

1 confezione di pasta sfoglia
circa 200 gr di spinaci (surgelati o freschi)
100 gr di pomodori secchi
150 gr di gruviera grattugiato
400 gr di ricotta di capra

Prima di tutto lessa gli spinaci in acqua salata e scolali bene in modo che perdano più acqua possibile.
Preriscalda il forno a 180 gradi.
Nel frattempo prepara l'appareil: in una ciotola unisci la ricotta di capra, i pomodori secchi tagliati a listarelle, un po' del loro olio e il gruviera grattugiato a julienne. Mescola bene e rendi il composto omogeneo.
Aggiungi gli spinaci.
Stendi la sfoglia con la sua carta forno in una tortiera a cerchio apribile, bucherella bene il fondo e riempi con l'appareil.
Quando il forno è arrivato alla giusta temperatura, cuoci la torta per 30 minuti.
Toglila dal forno e lasciala raffreddare per 15 minuti circa. Solo in quel momento togli la quiche dalla tortiera (eviterai che si rompa perchè ancora calda) e appoggiala su una grata da raffreddamento. Servi tiepida.

Ecco la mia seconda ricetta per il Concorso SWISS CHEESE PARADE sui Formaggi dalla Svizzera in collaborazione con Peperoni e Patate

martedì 5 novembre 2013

Croque Monsieur al salmone e Sbrinz (per la serie Street Mood)

Quando ho letto del concorso di Peperoni e Patate sui Formaggi Svizzeri e sul cibo da strada, ero indecisa se partecipare o meno.
Poi si trattava di cibo e del senso ludico della gastronomia. Quindi ho pensato che potevo giocare anche io con il formaggio. Senza essere mai stata in Svizzera. Essendo intollerante al lattosio. Chi se ne frega. Basta che assaggio a casa la mia creazione.
E quindi mi sono allambiccata su quello che poteva essere il mio contributo al contest. 
Ho chiuso gli occhi e ho pensato alla mia esperienza con il cibo da strada e cosa significasse per me.
Ho stretto forte le meningi per andare il più lontano possibile con la mente. Al ricordo ancestrale, a quello piu' primitivo che la mia mente potesse tirare fuori dal cassetto.
E mi sono ricordata del sole sulla pelle, quello dei primi raggi di aprile, quando la primavera era ancora primavera, e del panino con il Kinder Cereali che la zia preparava a me e mio fratello prima di accompagnarci a fare due passi lungo il fiume. 
Non esisteva Chef Rubio. Non si pensava nemmeno che lo streetfood potesse diventare la moda del 2013 eppure le mie manine sapevano di burro e di cioccolato che si scioglieva lentamente.
Poi, crescendo, le mie gambette trotterellavano per Porto San Giorgio tenendo tra le mani un panino con la porchetta appena fatto e ancora grondante di grasso.
Verso i vent'anni la mia lingua si faceva sedurre dalla focaccia genovese mentre la salsedine iniziava a tirare sulla pelle asciugandosi al sole dopo l'ultimo bagno al tramonto.
C'era il cibo.
C'era il tempo da dedicare solo a me.
Ecco, quindi, il mio concetto di Street Food. Quello che ho ribattezzato Street Mood.
E', a mio avviso, quel tempo quasi lussuoso in cui ti puoi permettere di camminare a zonzo o goderti un istante seduta su una panchina. Senza niente da fare. Lo Street Food è l'emblema del Dolce Far Niente.
E con questi pensieri in testa ho creato il mio Cibo da strada, pensando all'ultimo istante simile a quelli appena raccontati.
Il mio ultimo StreetFood era un Croque Monsieur in attesa del traghetto per tornare a casa dalla Corsica. Quella croccantezza tanto sognata era finalmente mia e la sorpresa della besciamella e del gruviera mi ha piacevolmente resa felice. Ogni Croque Monsieur che avrei mangiato mi avrebbe riportato in quella terra che ho imparato ad amare e in cui spero di tornare prima possibile.

Vi lascio quindi alla mia ricetta. Un Croque Monsieur fatto con il sapore più delicato dello Sbrinz che ben si sposa con il sentore affumicato del salmone.



Croque-Monsieur con salmone e Sbrinz

  Ingredienti per 4 toast:
8 fette di pane a cassetta
4 fette di salmone affumicato
100 gr di Sbrinz
70 gr di burro
1 cucchiaio di farina 00
200 ml di latte
1/2 cucchiaino di senape di Digione
1 tuorlo
noce moscata, sale e pepe

Sciogli 30 gr di burro e la senape in padella, unisci la farina e falla dorare per qualche minuto. Aggiungi lentamente il latte, la noce moscata e fai addensare la besciamella.
Regola di sale e pepe e lascia raffreddare. 
Prepara i panini: una fetta di pane, il salmone, la besciamella, lo sbrinz, l'altra fetta di pane.
Sciogli il burro rimasto in una padella capiente e friggi i toast su entrambe i lati fino a farli ben dorare.
Taglia ogni toast in due e mangia immediatamente.



Con questa ricetta partecipo al Contest SWISS CHEESE PARADE